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Legacoop > RESPONSABILITÀ – Un Paese arrabbiato chiede alla cooperazione il coraggio per cambiare

Roma, 23 dicembre 2014 – Per la cooperazione è il “momento del coraggio”. Non soltanto del cambiamento, ma di un cambiamento capace di assumersi fino in fondo le responsabilità che derivano dalle attese che il Paese continua ad avere nei confronti di uno dei pochi soggetti verso cui si nutre ancora qualche speranza. E a cui si chiede di essere parte attiva nella trasformazione della società e del mercato.

 

È questo il messaggio fondamentale trasmesso dalla relazione “Le cooperative nell’Italia che vuole cambiare” (in allegato le slide complete con tutti i dati, ndr) con cui l’ultimo giorno del Congresso il direttore di SWG Enzo Risso ha aperto l’ultima tornata di interventi dei delegati, nella sessione ‘a porte chiuse’, dedicata al tema della governance. Una relazione che ha provato innanzitutto a fotografare, in estrema sintesi, la situazione della penisola.

 

L’Italia è oggi un “Paese  sotto il segno della rabbia” dove i sentimenti più diffusi sono disgusto (35%), rabbia (34%) e tristezza (30%). Dove la percentuale di chi si sente ceto medio è crollata dal 2011 dal 62 al 36% e quella di chi si sente di appartenere a una fascia medio-bassa si è impennata dal 29 al 59%. Gli immigrati? Il 44% vuole respingerli duramente. Stessa percentuale di coloro che pensano che per cambiare sia necessaria una rivoluzione. Per il 25% sarebbe addirittura meglio 3-4 anni di dittatura.

 

Rabbia ed estremismo nascono anche da una crisi generale di fiducia: quelli che vedono positivamente l’azione del sindacato sono passati dal 51 al 24%, mentre l’europeismo è precipitato addirittura dal 57 al 18%. La fiducia nelle cooperative? È scesa anche questa ma rimane al 63%, quasi 20 punti sopra quella nelle imprese di capitale (44%). E ad esse si attribuisce un ruolo importante per costruire un mercato più equilibrato e equo (27%), calmierare i prezzi (14%), salvare l’occupazione (13%). Esiste una consonanza di valori almeno ricercati: il 65% si dice interessato a impegnarsi per beni comuni, il 71% è favorevole alla partecipazione economica.

 

 

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