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FUTURO – Coop disegna all’Expo il cibo (e il supermercato) di domani

Milano, 18 maggio 2015 – Come acquisteremo, cosa mangeremo, chi maneggerà il cibo e i prodotti in un futuro più o meno lontano prima che arrivino sulle tavole dei consumatori? Sono alcune delle domande a cui trova risposta il visitatore di Expo Milano 2015 nel Padiglione del Cibo del Futuro, spazio nato dalla collaborazione tra Coop, il MIT Senseable City Lab e lo studio Carlo Ratti Associati. Una fusione tra contenuti e valori di Coop e il mondo fatto di idee, design e nuove tecnologie proposte da Carlo Ratti. Sostenibilità e interattività sono, infatti, le basi su cui poggia il Future Food District, uno spazio coinvolgente e stimolante in grado di raccontare come le tecnologie di ultima generazione e l’applicazione di know-how e conoscenze d’avanguardia possano contribuire allo sviluppo del tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e aprire nuove frontiere in campo agroalimentare.

 

Il Future Food District individua i possibili, e verosimili, scenari futuri del retail. È composto da un vero e proprio supermercato in cui vivere una reale esperienza d’acquisto, anche se futura, e dall’Exhibition Area, struttura polivalente che si proietta verso un orizzonte ancora più lontano, fino al 2050. Così, in questi 6.500 metri quadrati nel cuore del sito espositivo tra Cardo e Decumano, viaggiano insieme innovazione e cooperazione, passato e futuro. Infatti, se Carlo Ratti ha ideato un luogo di incontro e scambio fra produttori e consumatori in cui le barriere verticali lasciano il posto a un paesaggio orizzontale che favorisce le interazioni, un rimando ai mercati delle origini, il layout dispositivo interno è suddiviso in cinque vie, dedicate ad altrettante filiere, secondo un’idea nata in casa Coop prima ancora dell’adesione a Expo Milano 2015 (grazie ad contest sull’innovazione cui hanno partecipato 80 dipendenti under 35 a scuola Coop).

 

“Abbiamo realizzato un supermercato come i mercati di una volta, con tecnologie che mettono l’uomo e le sue opinioni al centro” spiega Marco Pedroni, presidente di Coop Italia. E continua: “Il nostro non è un semplice padiglione ipertecnologizzato in cui la tecnologia è fine a se stessa. Un esempio? Abbiamo lavorato sull’idea di sistemi in grado di fornire molte più indicazioni di quelle che normalmente riescono a stare su un’etichetta: basterà indicare un prodotto per leggere sugli schermi posti sopra agli scaffali bassi non solo le informazioni riportate sull’etichetta, ma i possibili allergeni, l’impronta ambientale, l’origine delle materie prime conce quali è fatto, i controlli di sicurezza. Questo richiede una tecnologia che abbiamo appositamente messo a punto per Expo, ma, soprattutto, la volontà di rendere totalmente trasparenti ai consumatori le informazioni che oggi in molti casi non lo sono in modo così completo». Infatti, tutti gli alimenti,- un mare di oltre 1500 prodotti (realizzati da 90 fornitori con stabilimenti in Italia – dalla multinazionale al piccolissimo produttore – che condividono la mission originaria di Coop, quella che già oggi applica a circa 1.400 dei suoi prodotti a marchio, ovvero raccontare fino dalle origini la storia dei loro prodotti) sono in grado di comunicare al visitatore tutte le informazioni di cui sono depositari con un semplice gesto della mano, attraverso etichette “intelligenti”. Grazie alle proprie competenze digitali, Accenture ha definito la user experience del visitatore del supermercato, gestendo l’architettura delle informazioni, l’implementazione dell’infrastruttura IT, l’analisi e lo sviluppo dei touchpoint del punto vendita.

 

“Ricordate il signor Palomar di Italo Calvino che, immerso in una fromagerie parigina, ha l’impressione di trovarsi in un museo o in un’enciclopedia? ‘Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo (…) Questo negozio è un museo: il signor Palomar visitandolo sente, come al Louvre, dietro ogni oggetto esposto la presenza della civiltà che gli ha dato forma e che da esso prende forma’. Ecco, il futuro del mercato – come nel racconto di Calvino – potrebbe partire proprio dalle storie dei prodotti – conferma Carlo Ratti, Direttore del MIT Senseable City Laboratory -. Ogni prodotto, infatti, ha alle spalle un racconto preciso. Oggi queste informazioni arrivano al consumatore in modo frammentato e parziale. In un futuro prossimo, invece, i prodotti stessi potrebbero essere in grado di raccontarci le loro storie. Le informazioni saranno contenute in semplici etichette intelligenti e quindi trasmesse in modo immediato all’utente. Potremo scoprire tutto di una mela: l’albero da cui è stata raccolta o il viaggio che ha compiuto. L’anidride carbonica che ha prodotto o i trattamenti che ha subito – all’insegna di un consumo più informato e consapevole. Inoltre il mondo delle informazioni e della condivisione online – insieme alla crescita della micro-agricoltura urbana – potrebbero trasformare i supermercati in luoghi di scambio aperti a tutti”.

 

Il Future Food District (FFD), poi, ospita ovviamente prefigurazioni di ciò che mangeremo, anche in un futuro lontano. Il cibo del 2020 e del 2050 è visibile in due corner all’interno del supermercato (grazie alla collaborazione con Sealed Air), mentre nell’Exhibition Area sono in mostra, grazie alla Società Umanitaria di Milano, i primi prodotti commestibili derivanti dalle oltre 1.900 specie di insetti di cui si cibano già oggi circa 2 miliardi di persone. Nel laboratorio di nuova generazione nato da un’idea di Coop e Merieux NutriSciences sarà possibile fare un viaggio al centro della sicurezza alimentare, mentre altri scenari raccontano le due “fattorie del mare”, ovvero strutture galleggianti in grado di produrre alimenti, proposte dal Centro di ricerca sulla Sostenibilità ambientale e sulla protezione della scogliera corallina Mahre Center dell’Università di Milano Bicocca e dall’Università di Firenze.

 

Inoltre nella piazza ci sono prototipi e installazioni volti a esplorare alcune tecnologie innovative in materia di agricoltura urbana e produzione di cibo e energia. Oggi eccezioni domani normalità. Come la Vertical Farm, realizzata sulla base di un progetto Enea: una struttura in metallo dotata di 2 pareti trasparenti alte 4 metri in cui vengono presentate, sui sei livelli, coltivazioni idroponiche multistrato a ciclo chiuso con illuminazione a LED in grado di produrre lattuga e basilico a ciclo continuo per i sei mesi di Expo. Due pareti vetrate alte 4 metri e una coltura idroponica su più livelli in grado di produrre per i sei mesi di Expo diversi tipi di ortaggi; o il Canopy di alghe (progettato da ecoLogicStudio), apparentemente una semplice copertura, in realtà una complessa soluzione di acqua e microalghe in grado di produrre biomassa con applicazioni possibili in agro-ambientale.

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