Orvieto, presentato a Palazzo dei Sette il libro di Sforzi, Mori e Bernardoni
Oliveti (Cittaslow): “Nei borghi c’è fragilità, ma anche voglia di rivincita e di riscatto”
“Nei borghi e nelle aree interne c’è fragilità, ma c’è anche voglia di rivincita, di riscatto e di progetto”. Pier Giorgio Oliveti, segretario generale di Città Slow International è partito da qui. Indicando le sfumature in chiaroscuro dei piccoli territori italiani: in parte feriti da una lenta emorragia di abitanti e al tempo stesso capaci di slanci resilienti e innovative soluzioni di sviluppo locale. A Palazzo dei Sette, a Orvieto, Oliveti ha introdotto così la prima presentazione del libro “Imprese di comunità. Innovazione istituzionale, partecipazione e sviluppo locale” (il Mulino) curato da Jacopo Sforzi e Pier Angelo Mori. Un volume frutto di un percorso di ricerca avviato negli ultimi anni da Euricse che analizza, nelle parole di Sforzi, “uno strumento di sviluppo partecipato dai cittadini e capace di rispondere ai singoli bisogni dei territori”.
“La domanda che ci poniamo tutti i giorni è come avere un futuro di qualità, come promuovere il ritorno all’antico tuttavia in modo nuovo, moderno – ha esordito Oliveti nel corso della serata di “A scuola di Cittaslow – Tutti i giorni i 256 sindaci di Cittaslow, diffusi in oltre 30 Paesi, sono impegnati nel creare le basi di una economia resiliente, partecipata, aperta”. Per le piccole cittadine, i borghi, le periferie di tutto il mondo – “Dal Giappone all’Appennino”, ha precisato Oliveti – le criticità sono tante, sono note. “I problemi esistono e sono persino gravi – ha detto ancora – ed è per questo che promuoviamo una somma di microeconomie resistenti che possono dare un futuro di qualità alle giovani generazioni”. “Ovvero costruendo opportunità”, ha fatto eco Daniela Brugnossi, sindaca di Monte Castello di Vibio. “Le piccole comunità hanno delle fragilità: basta poco per migliorare, ma basta poco persino per cambiare in peggio”.
Il municipio di Brugnossi ha declinato sul campo una soluzione originale: “Abbiamo optato per le cooperative di comunità e l’abbiamo fatto – ha ricordato – per riportare l’uomo al centro; ricostruendo una nuova identità collettiva”.
Lo stesso è accaduto a Ficulle, così come spiegato dal primo cittadino Gian Luigi Maravalle. “I piccoli borghi – ha spiegato a Orvieto – devono trovare il modo di sopravvivere; facendo rete, ideando un sistema per lavorare insieme ed evitare d’essere schiacciati dai trend delle grandi città”. Il sindaco ha poi citato i divari che separano il Paese. Gap sociali e gap territoriali. “Il 90% del Paese è area interna”, ha detto.
Da nord a sud c’è chi ha cercato di praticare percorsi di sviluppo alternativi. E il libro dedicato alle imprese di comunità ripercorre i tratti innovativi di tali esercizi d’innovazione. “La ricerca – ha esordito Jacopo Sforzi – nasce in seguito al riconoscimento di un fenomeno: a partire dal 2011, Legacoop attribuisce infatti l’etichetta “impresa di comunità” a un modello che andava avanti da tempo e che si differenziava rispetto alle forme tradizionali”.
Per comprenderne le specificità, la governance, il funzionamento economico, Sforzi e Pier Angelo Mori hanno studiato circa venti casi maturi, disseminati in tutto il Paese. “Nel volume – ha spiegato Sforzi – si parla di innovazione istituzionale perché al centro di tale modello c’è un nuovo modo di organizzare la produzione, attraverso il coinvolgimento dei cittadini che assumono un ruolo attivo nel definire le strategie, la programmazione e nella condivisione del progetto di sviluppo locale che s’intende adottare”.
Il cambio di prospettiva è evidente e segue un andamento orizzontale. “I cittadini – ha spiegato ancora Sforzi – esplicitano le soluzioni che intendono scegliere per soddisfare i propri bisogni e, di pari passo, per amplificare la qualità della propria vita”.
Sia chiaro, ha avvertito Sforzi, quello delle imprese di comunità non è un modello universalistico. “Ogni territorio ha una specificità, ha dei bisogni e avrà delle soluzioni diverse; i cittadini vanno quindi messi nelle condizioni di poterlo fare”.
Il funzionamento dell’impresa di comunità, ancora, implica la condivisione degli attori coinvolti, così come precisato da Andrea Bernardoni, Legacoopsociali e co-autore del volume. “Determinante – ha spiegato – sarà il rapporto fra enti locali e imprese di comunità che, con simile premesse, sono lo strumento per produrre un reale cambiamento nel paradigma di sviluppo sino a oggi conosciuto”. Trasformazioni tecnologiche, cambiamenti climatici, oscillazioni demografiche: è lungo l’elenco delle variabili bisognose d’essere governate. “I cittadini, collaborando con le comunità locali, hanno dimostrato di saper ricoprire un ruolo attivo nel disegnare prospettive di sviluppo realmente sostenibile”.
La sfida posta dalle imprese di comunità implica quindi il coinvolgimento delle parti, di tutte quante. Pubblico, privato. “E della cooperazione – ha concluso Bernardoni – la cui sfida è dare risposte innovative alle rapide trasformazioni in atto”.
Redazione: EURICSE | http://www.euricse.eu
Sviluppo locale, l’occasione delle imprese di comunità
- Febbraio 1, 2019
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