Matteo Ragnacci Legacoop “Il nostro un modello virtuoso che salva le aziende in crisi”
Secondo i dati del centro studi Unimpresa ci sono molti settori a rischio per i passaggi intergenerazionali. Artigianato, falegnameria, idraulica, sartoria ed enogastronomia, sono quelli più esposti alla minaccia della successione da genitore a figli.
A rischio sarebbero 4 milioni di micro imprese italiane, che generano circa 221 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 27% del totale, che potrebbero scomparire.La successione da genitore a figlio, infatti, non sarebbe garantita a causa di ostacoli culturali, burocratici, fiscali e finanziari, con conseguente impedimento per la continuità aziendale. Il made in Italy, nel lungo periodo, in particolare quello legato all’artigianato, sarebbe, quindi, a rischio estinzione.
“ In Umbria, – spiega Matteo Ragnacci Presidente di Legacoop Produzione e Servizi – abbiamo accompagnato negli anni numerose aziende in crisi o che avevano difficoltà nella successione familiare dell’azienda. 386 posti di lavoro sono stati salvati da cooperative associate a Legacoop, che hanno scelto la formula del WBO per salvaguardare competenze e know-how”.
Al 2022 sono 15 i workers buyout attivi nell’associazione, I muratori Baschi, la Keller Grigliati, la CMT, la 2012 Autotrasporti, la Fail, la GBM, la Stile,Umbria Legno, la Fvm, la Wald&co, Ceramiche Noi, la Smart, Gentili Trasporti, La Legatoria Tuderte e il Civicocentotrenta4. Settori diversi di produzione, che da iniziativa dei dipendenti, hanno preferito costituire delle cooperative per rilevare l’azienda – o un ramo di essa –altrimenti destinata alla chiusura , mantenendo l’attività produttiva ed il proprio posto di lavoro.
“Questo modello – continua Ragnacci – può trovare attuazione non solo in casi di crisi aziendale o processi di ristrutturazione, ma anche a fronte di difficili ricambi generazionali nelle imprese familiari. Le aziende che passano sotto il controllo dei lavoratori-soci mostrano nel tempo altissime percentuali di riuscita. Le percentuali dei fallimenti a dieci anni sono inferiori al 15%, a fronte del 70% / 80% di probabilità di fallire per le start up. I processi di WBO che vanno a buon fine consentono di evitare la disoccupazione e di creare nuova occupazione; preservano ricchezza, professionalità e competenze; ma sopratutto mantengono unità produttive sul territorio”.
La questione interessa – sempre secondo gli studi di Unimpresa – una fetta importante dell’economia italiana. Le microimprese, quelle con meno di 10 addetti, stando ai dati statistici più aggiornati, sono poco meno di 4 milioni: rappresentano il 94,8% delle imprese attive, il 43,2% degli addetti e il 26,8% del valore aggiunto realizzato, cioè 221,1 miliardi sul totale di 825,5 miliardi; inoltre, sono caratterizzate dalla prevalenza di lavoro indipendente (60% sul totale addetti). In questo ambito dimensionale, ostacoli culturali, burocratici, fiscali e finanziari sono un serio impedimento per la continuità aziendale almeno nel 25% dei casi, vale a dire quasi 1 milione di attività imprenditoriali minori, a cui può essere ricondotto un giro d’affari pari a 55 miliardi di euro.
E in questo quadro si potrebbe inserire la formula del Workers buyout. In questa tipologia di impresa i lavoratori diventano imprenditori di se stessi associandosi in una cooperativa di lavoro. Loro assumono un ruolo diverso: il rapporto con il lavoro cambia, si arricchisce di maggiori soddisfazioni, ma anche di nuovi impegni e responsabilità. Questo è il fattore determinate che fa si che le imprese rigenerate abbiano un tasso di sopravvivenza superiore a quello delle aziende tradizionali. A fare da corollario al tutto è lo scopo mutualistico, che è quello di far ottenere ai soci continuità di occupazione e le migliori condizioni economiche, sociali e professionali rispetto a quelle disponibili sul mercato del lavoro. Questo è possibile grazie alla Legge Marcora – L. 49 del 27/02/1985 – che ha istituito un Fondo destinato alla salvaguardia dell’occupazione attraverso la formazione di imprese cooperative tra dipendenti di aziende in crisi o con problemi di ricambio gestito da CFI. A questo si affianca CoopFond il Fondo mutualistico di Legacoop, che può arrivare a raddoppiare il capitale sociale investito dai soci. Destinatari dell’intervento sono piccole e medie imprese costituite nella forma di cooperativa di produzione e lavoro e cooperativa sociale.
Nel caso di affitto o di vendita di aziende, rami d’azienda o complessi di beni e contratti di imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, hanno diritto di prelazione per l’affitto o per l’acquisto le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta alla procedura. (Art. 11 comma 2 D.L. 145/2013).
“ La cooperazione – prosegue Ragnacci – agevola il dialogo tra diverse generazioni e consente uno scambio continuo di conoscenze. I giovani portano con sé l’entusiasmo, la creatività e l’innovazione, mentre quelli più navigati portano l’esperienza, la saggezza e la storia. Promuovendo l’apprendimento reciproco, si crea un ambiente in cui ciascuna generazione può imparare dagli altri. I giovani possono acquisire una visione più ampia della storia e delle tradizioni, mentre gli anziani possono beneficiare delle nuove tecnologie e delle nuove prospettive”.
In un mondo in continua evoluzione, il ricambio intergenerazionale è fondamentale per il progresso e il benessere della nostra società. La cooperazione tra generazioni è il cuore di questa trasformazione positiva, permettendo la trasmissione di conoscenze, la promozione dei valori fondamentali, l’innovazione, il lavoro di squadra e la comprensione reciproca. Soltanto attraverso la cooperazione e l’unità possiamo affrontare le sfide del futuro e costruire una società solidale e prospera per le generazioni a venire.
Dati Unimpresa: https://www.unimpresa.it/imprese-unimpresa-a-rischio-1-milione-di-attivita-con-passaggi-generazionali/54628