Il presidente Gamberini: “Sempre più urgente un intervento per la riduzione dei tassi, un’accelerazione nell’attuazione del PNRR e Piano europeo per gli investimenti delle imprese in transizione ecologica e digitale”
–”Il Paese rallenta e l’umore degli italiani peggiora, e ne ha tutte le ragioni. All’indomani della pandemia sembrava finalmente che l’Italia avesse imboccato una via diversa dopo il decennio della grande crisi. L’incredibile ripresa economica era stata favorita anche dal clima di fiducia generato dalle nuove politiche europee e dal PNRR. Nuove guerre, inflazione e aumento del costo della vita, nonché l’annuncio di nuove politiche restrittive, sembrano avere soffocato definitivamente quello slancio iniziale. Dopo un costante rallentamento nell’ultimo biennio, ora il paese si è praticamente fermato ed è tornato ai soliti tassi di crescita da zero virgola. Una situazione che rende sempre più urgente un intervento per la riduzione dei tassi, un’accelerazione nell’attuazione del PNRR e un Piano europeo per sostenere gli investimenti delle imprese per la transizione ecologica e digitale. C’è una cappa che pesa sull’opinione pubblica che ora sa, però, di quali slanci è capace l’Italia se adeguatamente indirizzata. Infine, un dato deve essere da monito sull’esigenza, oltreché sull’opportunità, di rilanciare il Paese ad ogni costo: la quota crescente di chi si sente ‘escluso’ dalla società, nei ceti meno abbienti ha raggiunto percentuali davvero preoccupanti”.
È quanto afferma il presidente di Legacoop, Simone Gamberini, commentando i dati del report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne le opinioni sul tema.
Dall’indagine emerge come gli italiani siano decisamente poco ottimisti sulle prospettive del nostro Paese nel 2024. Due su tre (il 67%) non si aspettano un miglioramento della situazione complessiva dell’Italia, in parallelo con le aspettative di segno negativo sull’evoluzione dello scenario internazionale, con una forte preoccupazione per i conflitti in corso (85%), i rapporti tra occidente e Russia (83%), i cambiamenti climatici (81%) e il terrorismo (80%). Va un po’ meglio per la situazione familiare, che per l’anno da poco iniziato 4 su 10 prevedono “altalenante”, ma con aspettative di segno positivo per l’andamento delle relazioni familiari (81%), l’amore, gli affetti e le relazioni con gli amici (77%), la salute (71%), il lavoro (61%).
Le tendenze evidenziate in modo specifico per il 2024 trovano conferma anche nelle opinioni relative ad una più generale valutazione del prossimo futuro. Se per la situazione dell’economia italiana, ad esempio, 2 intervistati su 3 (il 67%, con un picco dell’86% nel ceto popolare) esprimono aspettative negative e 1 su 3 la prevede in peggioramento, scendono a 4 su 10 quelli che manifestano preoccupazione (il 29% abbastanza, l’11% molto) sull’evoluzione della situazione economica familiare. Su questo sfondo di aspettative di tono meno negativo sul contesto familiare si inserisce il dato della percezione relativa al proprio lavoro: 3 intervistati che lavorano su 4 ritengono poco o per niente probabile la perdita del proprio posto di lavoro o che l’azienda per cui lavorano possa chiudere.
Interessante il dato relativo alla classifica delle preoccupazioni per il futuro. Al primo posto le guerre (61%), seguite dai cambiamenti climatici (52%, con un picco del 62% nell’Italia centrale), l’inflazione (33%), un’eccessiva ricchezza concentrata in poche mani (32%; 37% nel ceto popolare). Largamente coerenti con i valori registrati dall’indicazione degli aspetti problematici, quelli relativi alle parole considerate più importanti per il futuro: sicurezza (41%), giustizia sociale (39%), ecologia e stabilità (34%), democrazia (33%), uguaglianza (31%). A questo proposito, è da segnalare il dato relativo alla netta divisione tra chi si sente incluso nella società e chi si sente escluso. I primi sono il 48% (con un picco del 69% nel ceto medio), in calo di 8 punti percentuali rispetto alla rilevazione di due anni fa; i secondi sono il 46% (con un picco del 72% nel ceto popolare), in crescita di 5 punti.
Completano i risultati della rilevazione le indicazioni relative agli aspetti problematici che segnano il contesto sociale attuale e suscettibili di produrre criticità anche in futuro. Al primo posto si colloca la perdita di potere d’acquisto delle famiglie (42%, 51% nel ceto popolare), seguita dalla mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (35%), dall’individualismo egoistico (28%) e dalla mancanza di riconoscimento del merito (23%).