AreaStudi Legacoop-Prometeia: nel 2024 il PIL rallenta a +0,4%, anche per la debolezza dei consumi delle famiglie; inflazione a +2,5% purché non si estenda il conflitto in Medio Oriente; l’attuazione del PNRR trainerà gli investimenti pubblici in costruzioni, ma senza riuscire a compensare gli effetti del venir meno del Superbonus; la transizione demografica produrrà, fino al 2030, un saldo negativo di 100mila persone all’anno tra uscite e entrate nel mercato del lavoro
L’aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse ha, per ora, provocato un rallentamento della crescita, ma non una recessione. Il 2023 si chiude con una crescita media del PIL dello 0,7%, che sarà seguita da un ulteriore rallentamento al +0,4% nel 2024, per la prosecuzione della debolezza dei consumi delle famiglie a causa dell’elevato livello dei prezzi e della perdita di potere d’acquisto dei salari, cui si sommerà il venir meno degli effetti espansivi del Superbonus 110%. Solo nel 2025, con un +0,9%, il PIL tornerà a crescere sui ritmi medi pre-crisi (+0,8% nel 2026). Valori significativamente meno ottimistici di quelli contenuti nella NADEF, che prevede, per il triennio, incrementi rispettivamente dell’1,2%, 1,4% e 1,0%. L’inflazione, che nel 2023 ha chiuso con un +5,8% tendenziale, è prevista convergere stabilmente verso il 2% (2,5% nel 2024; 2% nel 2025) al netto di nuove spinte inflazionistiche che potrebbero derivare da una possibile rincorsa tra prezzi e salari e da un’estensione del conflitto in Medio Oriente, con riflessi sui prezzi delle materie prime. Al proposito, per l’industria manifatturiera l’indice Prometeia-APPIA, relativo ai prezzi delle commodities che influiscono sui costi di produzione, prevede, a scenario attuale, una prosecuzione della flessione dei prezzi anche nel 2024, ma molto più contenuta (-5,3%) rispetto al -25,5% a consuntivo 2023; pesano le quotazioni del petrolio ancora elevate e quelle del gas strutturalmente superiori rispetto al passato, insieme con la crescente domanda di metalli per la transizione e la persistente debolezza dell’Euro. Sul fronte degli investimenti, l’attuazione del PNRR, con un flusso addizionale di oltre 20 miliardi ogni anno dal 2024 al 2026, trainerà gli investimenti pubblici in costruzioni che, però, non riusciranno a compensare gli effetti del venir meno del Superbonus, con una flessione dei volumi del 6,2% a consuntivo 2023 e prevista accentuarsi nel 2024 (-12,6%).
Sono alcune delle evidenze principali sulle prospettive dell’economia italiana per il triennio 2024-2026 contenute nel Rapporto annuale elaborato da AreaStudi Legacoop in collaborazione con Prometeia.
“Il Rapporto annuale prodotto da Legacoop in collaborazione con Prometeia -afferma Simone Gamberini, Presidente di Legacoop- è giunto alla quinta edizione e negli anni scorsi ha evidenziato una grande sintonia tra gli andamenti del Paese e quelli del nostro sistema di imprese cooperative. Oggi, purtroppo, questa sintonia è elemento di preoccupazione. Se, infatti, all’indomani della pandemia l’Italia pareva uscita dal decennio della crisi e dell’austerità, dopo un lungo rallentamento ora il Paese è tornato ai soliti tassi di crescita da zero virgola. Guerre, inflazione e aumento del costo della vita sembrano avere soffocato definitivamente lo slancio della ripresa post pandemica. Questi andamenti somigliano a quelli delle nostre imprese che nel biennio passato hanno continuato a crescere in tutti i settori, raggiungendo, e poi superando, i livelli pre-covid, ma oggi paventano una diminuzione di tutti gli indicatori, dovuti alla complicata situazione di incertezza. C’è una preoccupazione crescente per le tensioni geopolitiche, dovute al conflitto in corso in Medio Oriente, e le conseguenze sull’export e sull’approvvigionamento di materie prime per il settore manifatturiero. Questa situazione congiunturale, complessa sotto ogni punto di vista, non deve tuttavia farci scordare quel che abbiamo visto con chiarezza solo fino a pochi mesi fa, e che i numeri, peraltro, non smettono di ricordarci: l’Italia è un paese dai fondamentali solidi e dalle risorse ineguagliabili, e il suo sistema produttivo, tra cui si annoverano le nostre cooperative attive in ogni settore, è capace, se indirizzato con politiche industriali adeguate e tempestive, di slanci tanto improvvisi quanto intensi. Mentre ribadiamo che in termini generali è essenziale un impegno internazionale per costruire soluzioni di pace e stabilità, sul piano economico indichiamo che per il 2024 sarà indispensabile una riduzione dei tassi di interesse, un’accelerazione nell’attuazione del PNRR e un Piano europeo per sostenere gli investimenti delle imprese per la transizione ecologica e digitale”.
Il Rapporto mette in evidenza che, pur in un quadro di stallo della crescita per il consolidarsi degli effetti negativi dell’inflazione (in Italia mai così alta dalla metà degli anni ottanta) e del conseguente inasprimento della politica monetaria che hanno eroso il reddito disponibile reale delle famiglie, l’economia italiana ha dimostrato finora un certo grado di resilienza. Oltre che al sostegno della politica fiscale, questo risultato è attribuibile, per quanto riguarda le famiglie, all’utilizzo del risparmio accumulato negli anni della crisi pandemica (150 miliardi in eccesso rispetto alla media dei cinque anni precedenti) per mantenere sostanzialmente stabile il loro consumo; e, per quanto riguarda le imprese, al buon livello di patrimonializzazione (da inizio 2020 a giugno 2023, hanno accumulato attività finanziarie nette per quasi 160 miliardi in più rispetto alla media 2016-2019). Una tendenza, però, che sembra destinata ad indebolirsi nel 2024. Dopo il forte rimbalzo post pandemico (con tassi di crescita superiori al 5%), nel 2023 la spesa delle famiglie è cresciuta dell’1,2%; nel 2024 la crescita prevista è solo dello 0,5% (in parallelo con una crescita di 1 punto percentuale, dal 7 all’8%, della propensione al risparmio), perché sui consumi delle famiglie peseranno il mancato recupero della perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni e la decurtazione del valore reale della ricchezza finanziaria accumulata.
Effetti positivi, come già accennato, potranno venire dall’attuazione del PNRR, che potrebbe essere facilitata dalla revisione del Piano, grazie al maggiore peso degli incentivi agli investimenti privati. Inoltre, la maggiore concentrazione delle risorse negli ultimi tre anni di realizzazione, coerente con la revisione attuata, potrà determinare, dal 2024, un’accelerazione della spesa così come l’impulso atteso sul PIL che, nelle stime del DEF, arriverebbe, nel complesso, tra il 2,5% e il 3,6% nel triennio. Una leva tanto più importante se si considera che, dopo le eccezionali misure di emergenza, non vi sono spazi per ulteriori impulsi rilevanti dalla politica di bilancio, alle prese con l’obiettivo di riportare l’incidenza del debito sul PIL su un sentiero di discesa, peraltro decisamente lento (0,6 punti percentuali in tre anni). Un obiettivo che non sarà raggiunto nell’orizzonte programmatico, con un debito stabile per l’aumento della spesa per interessi e la contabilizzazione dei crediti fiscali edilizi. Senza trascurare i rischi legati a possibili tensioni sui titoli di Stato e ad un irrigidimento sui conti pubblici a livello europeo con il nuovo Patto di Stabilità e Crescita.
Lo studio contiene anche un focus sugli squilibri che provocherà la transizione demografica in atto, con la sua profonda influenza sulla numerosità e le caratteristiche delle persone che entreranno e usciranno dal mercato del lavoro. La popolazione italiana, che ha raggiunto il picco di 60 milioni e 345mila abitanti nel 2014, da allora è diminuita di circa 1,5 milioni. Quella in età lavorativa (15-64 anni) è diminuita di 1,8 milioni dal 2012, nonostante il contributo dell’immigrazione che non ha pienamente compensato la dinamica dovuta al calo dei tassi di natalità e all’aumento dei tassi di mortalità. Il rapporto di AreaStudi Legacoop e Prometeia stima un saldo negativo tra coloro che entrano nel mercato del lavoro e coloro che escono di 100mila persone in media tra il 2023 e il 2030. Con differenze legate al livello di istruzione. Il saldo negativo è più ampio tra i lavoratori con basso livello di istruzione (sia maschi che femmine), mentre tra quelli con istruzione secondaria superiore il numero di individui in entrata sembra approssimativamente sufficiente a compensare i lavoratori in uscita. Saldo positivo, invece, nel caso di istruzione universitaria, soprattutto per le donne.
I risultati dell’indagine campionaria (oltre 2.000 cooperative) sui bilanci 2020-2022
Il Rapporto contiene anche i risultati di un’indagine su base campionaria dei bilanci 2020–2022 di oltre 2.000 cooperative aderenti a Legacoop, dai quali risulta una diffusa crescita economica delle filiere/settori, seppur con un’intensità inferiore rispetto al sistema; un generalizzato rafforzamento della patrimonializzazione delle cooperative.
Il biennio ‘20-‘22 è caratterizzato da un’importante crescita delle cooperative Legacoop oggetto dello studio: il valore della produzione è pari a 60 miliardi di Euro, con un incremento rispetto al 2020 di 11 miliardi. Il 70% delle piccole e medie e l’85% delle (grandi e grandissime) hanno registrato una crescita del valore della produzione.
Si segnala anche una dinamica economica positiva accompagnata dalla crescita del margine operativo lordo, che restituisce, anche nel 2022, una sostanziale tenuta della marginalità soprattutto per le cooperative di media dimensione e per quelle operative in settori caratterizzati da una struttura dei costi meno rigida. A fine 2022 il sistema Legacoop conferma una struttura finanziaria solida e un business model da rafforzare. La crescita economica non ha generato tensioni sulla “capacità di rimborso” del debito per le imprese cooperative. Le prospettive di crescita per i prossimi anni rispetto alle imprese italiane sono più vivaci per le cooperative Legacoop nella manifattura, turismo, entertainment e servizi alla persona.
Il rapporto, inoltre, analizza per la prima volta alcune peculiarità delle cooperative Legacoop fino ad oggi non analizzate in maniera così analitica. Viene calcolata la Magnitudo diretta ed indiretta, ossia la produzione derivante dai bilanci consolidati e dalle partecipate non consolidate. La magnitudo Legacoop, quale ritorno complessivo del sistema, vale circa 30 miliardi, considerando anche le società di capitale e partecipazioni collegate. Si tratta di 550 partecipate controllate e oltre 1.300 partecipate collegate. Per le grandi cooperative (oltre i 50 milioni di produzione) vengono presentate le classifiche di alcuni comparti significativi in cui sono presenti le più grandi imprese italiane (spa e cooperative). I settori considerati sono: gdo, ristorazione, tecnologia, costruzioni, agroalimentare, sanità. Oltre alle classifiche per produzione, all’interno di ogni comparto vengono presentati anche gli andamenti 2020-2022 della produzione, ebitda, leva finanziaria, pfn/ebitda. Chiudono il rapporto il focus sul Sud (le imprese del Sud Italia rappresentano il 25% del campione Legacoop ed esprimono, nel 2022, un valore della produzione pari a circa 2 miliardi) e quello relativo alle micro imprese Legacoop (le micro imprese rappresentano circa il 70% delle piccole imprese in termini di numerosità e il 20% in termini di valore della produzione).