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Aree rurali determinanti per la tenuta dell’agricoltura e del territorio

Pubblicata la relazione della Commissione europea sulla “visione a lungo termine per le zone rurali dell’Ue: risultati principali e vie da seguire” in vista del traguardo 2040 del patto rurale.

«La valorizzazione delle aree è una questione importante per la tenuta non soltanto degli aspetti agricoli, ma anche per la vitalità dei borghi minori e per la possibilità di avere un legame sempre più forte tra agricoltura, prodotti agroalimentari, turismo e cultura». La pubblicazione della relazione della Commissione europea sulla “visione a lungo termine per le zone rurali dell’Ue: risultati principali e vie da seguire”, è l’occasione per Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, per riprendere il filo di un aspetto non certo marginale della politica europea. «L’obiettivo della Ue è di arrivare al traguardo del 2040 e avere aree rurali e comunità più forti, resilienti, produttrici di energia. Certo, il lavoro da fare è ancora tanto, ma dobbiamo riuscirci», continua Maretti.

Come si legge nella relazione, la Commissione Ue «per le zone rurali (visione rurale) ha individuato 10 obiettivi condivisi e 4 ambiti di intervento per zone rurali più forti, connesse, resilienti e prospere entro il 2040. Per conseguire tali obiettivi, la Commissione si è impegnata a sviluppare un patto rurale che mobiliterà le autorità pubbliche e i portatori di interessi a rispondere ai bisogni e alle aspirazioni degli abitanti delle zone rurali. Ha inoltre introdotto un piano d’azione rurale dell’UE con 30 azioni che la Commissione dovrà attuare in una serie di settori d’intervento dell’Ue». Un percorso che, sottolinea Maretti, «deve impegnare anche la nuova Commissione e il nuovo Parlamento che usciranno dalle elezioni di giugno. Quella delle aree rurali, non soltanto agricole, è una politica che va mantenuta».

Questo perché, sottolinea il presidente di Legacoop Agroalimentare, «ci sono una serie di problemi come una minor diffusione del digitale e della fibra, di uno scarso peso dell’occupazione femminile, e di una importante presenza di anziani. Elementi che rischiano di minare un territorio rurale. Ma queste zone, nella loro complessità di appartenenza, hanno un ruolo speciale che va dalla manutenzione delle strade, alla manutenzione dei boschi alla tutela del territorio. Per questo bisogna continuare a implementare e a mantenere alto il livello di attenzione e di investimento verso queste realtà».

Aspetti da migliorare. Come aveva evidenziato Maretti, la Commissione Ue ha rilevato come la popolazione di età superiore ai 65 anni nelle regioni rurali sia aumentata dell’1,1% (+0,84 milioni), mentre la popolazione più giovane e in età lavorativa è diminuita. L’età media della popolazione dell’UE è in aumento, ma le regioni rurali invecchiano più rapidamente, a causa dei tassi inferiori di crescita naturale e migrazione netta. Ci sono poi problemi di competenze digitali con un divario del 15% inferiore tra chi vive nelle zone rurali rispetto a quelli delle aree urbane. E c’è anche da colmare il divario di genere. Le zone rurali presentano la percentuale più alta (12,6%) di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (la categoria cosiddetta Neet). Anche se la situazione è migliorata, nel 2022 il tasso di Neet tra le giovani donne nelle zone rurali era pari al 14,9% rispetto al 10,5% per gli uomini (divario di genere di 4,4 punti percentuali). Il tasso di Neet tra le giovani donne nelle zone rurali è il più elevato rispetto agli altri territori (2022).

Aspetti positivi. Il 72% della produzione di energia rinnovabile avviene nelle zone rurali, che svolgeranno un ruolo importante nella transizione energetica. Le zone rurali potrebbero produrre la maggior parte delle energie rinnovabili nell’Ue (il 78% del potenziale non sfruttato). Da non dimenticare, poi, che il settore primario nelle regioni rurali rimane importante (11% dell’occupazione rispetto all’1% nelle regioni urbane e al 5% nelle regioni intermedie). E che le zone rurali sono fondamentali per la sicurezza alimentare e le risorse naturali. Qui si trovano la maggior parte dei terreni agricoli (77% – 134 milioni di ettari), delle foreste e delle aree naturali (79% – 148 milioni di ettari). Il 43% dei terreni nelle zone rurali è agricolo e il 47% è costituito da foreste e aree naturali. La silvicoltura è fondamentale per molte economie rurali, dal momento che la maggior parte delle zone in cui prevalgono le foreste è interessata da sfide demografiche. Il contributo delle foreste e del settore forestale è fondamentale per ottenere zone rurali resilienti e prospere entro il 2040.

«In Italia, come cooperazione, con il bando borghi del Pnrr abbiamo connesso turismo, cibo, vino, agricoltura. È un approccio che può essere mantenuto anche dopo la fine del Pnrr», continua Maretti. «E poi c’è l’aspetto sociale. Con il dopo Covid c’è una percentuale importante di persone che ha scelto di andare a vivere nelle aree rurali dove il livello servizi è lo stesso in quelle urbane. C’è una domanda di vivere in aree meno stressanti, una tendenza positiva e culturale che andrebbe ulteriormente agevolata. Per questo. La Ue deve essere al servizio di tutti i cittadini e di tutte le comunità, non soltanto quelle ricche di città. E per farlo occorre un miglioramento non solo delle politiche settoriali, ma anche di quelle territoriali».

La case history contro lo spopolamento: Atena Lucana tra agricoltura, cultura e sociale. Tra i fruitori del Bando Borghi, c’è l’esperienza di Atena Lucana (Sa). Qui ha trovato casa un laboratorio di lavoro intersettoriale, dove agroalimentare, cultura e sociale hanno agito di concerto secondo uno schema di interlocuzione costante e reciproca, al servizio di un obiettivo comune: lo sviluppo sostenibile dei territori con alla base le peculiarità e le opportunità che questi offrivano, per creare spazi di valorizzazione, inclusione,  servizio, bellezza e, soprattutto, buona e nuova occupazione.

Le azioni trainanti hanno visto la realizzazione di poli formativi di ampio respiro, insieme ad iniziative che coinvolgessero i settori di interesse (eventi culturali, artistici, enogastronomici, artigianali). Il tutto coniugato con ulteriori azioni tese al rafforzamento delle infrastrutture per il welfare, della tutela ambientale e storico-paesaggistica, delle specificità colturali e produttive (contaminazione tra tradizione e nuove tecnologie). Nei progetti sono stati coinvolti i giovani e le comunità in pratiche innovative intergenerazionali. Oltre a migliorare la qualità in generale dell’abitare ed incidere così sui flussi di spopolamento. Tutte le azioni hanno mirato ad innescare ed attuare un processo di rigenerazione adattivo, inclusivo, partecipativo, fondato sulle specificità del territorio, una vision che è stata premiata anche dai risultati del bando.

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