Cerca
Close this search box.

Umbria: il Cuore verde contaminato dall’inclusione della narrazione fragile

Il Manifesto della Comunicazione di Legacoopsociali del 2021 ha posto le basi per dare voce ad una cultura condivisa della comunicazione, agendo una nuova identità comunicativa e sperimentando linguaggi ed azioni – anche digitali – oltre la comfort zone.

Ecco quindi l’idea di utilizzare la vetrina dei canali social di Legacoopsociali per coinvolgere nuovi potenziali pubblici, con una campagna volutamente dissonante. L’headline proponeva quattro parole del glossario, (una per ogni post), un uncino narrativo allestito con l’intento di catturare l’attenzione dei seguaci e non, invitandoli ad una riflessione: TOSSICO oppure persona con dipendenze da? DISABILE oppure persona con disabilità? Uno stratagemma estetico e letterario per anticipare quanto poi sarebbe stato espresso negli incontri territoriali: siamo proprio sicuri che ciò che oggi abita il nostro immaginario sia la parola più giusta da usare? O forse esiste un mondo da maneggiare con cura, un linguaggio che dia forma ad una realtà oltre gli stereotipi, un nuovo vocabolario che abbia senso condividere ed utilizzare?

La risposta a queste domande ingaggianti è però giunta ben oltre i confini del web, al di là delle metriche, dei like e del perimetro di analisi dei Social Media Manager. Il tema sollevato dal Glossario Fragile ha infatti progressivamente catalizzato l’attenzione di molteplici tipologie di pubblici,  generando partecipazione e coinvolgimento, in un tam-tam comunicativo che, in un anno e mezzo, ha portato ordini professionali e non ad interrogarsi sull’utilizzo e la pertinenza delle parole raccontate. Un percorso verso la consapevolezza di una comunità di pratica in movimento, che ha risposto all’invito all’azione dall’online all’offline, in una costruzione di reti oltre la Rete, dove comunicazione sociale e content strategy si incontrano, generando un cambiamento possibile.

Il percorso avviato attraverso il Glossario Fragile – e dal Manifesto della comunicazione più in generale – ha dato vita a un mutamento significativo, promuovendo una riflessione profonda sull’uso del linguaggio e sulla sua capacità di rappresentare la realtà in modo autentico e inclusivo. C’è ancora molto da fare, ma continuando ad investire nella formazione in ambito comunicativo, unitamente all’uso strategico dei social media, sarà possibile continuare a costruire una narrazione solida e coerente, in grado di coinvolgere sempre più persone in un dialogo costruttivo ed inclusivo. Questo approccio potrebbe infine non solo ampliare la portata comunicativa dell’Organizzazione, ma anche ispirare, tra diversi attori sociali, un dialogo consapevole, attivo e partecipato.

Questo l’articolo di Mirko Loche sul numero 8 di Nelpaese.it

Scarica il Magazine

Ricordo ancora il giorno che proposi alla vicepresidentessa dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria la possibilità di portare nella nostra regione il Glossario Fragile. Mi colpì l’entusiasmo dei suoi occhi. “Finalmente”, esclamò con passione. “Io ho una figlia con una patologia, e mi ripete sempre: ‘Mamma, non sono sorda, ma tutti mi definiscono così!’”. Dalla proposta all’azione si è passati velocemente, tutto si è mosso con una rapidità sorprendente. Come un fiume in piena che per strada acquistava sempre più vigore, alimentato dai tanti affluenti che trovavo nel cammino si è arrivati all’incontro inserito dall’Ordine come corso deontologico. Quando si organizzano questi eventi si vive sempre un’ansia da prestazione: quanta gente ci sarà? Sarà un flop? Risultato: una grande risposta. La sala da 100 posti era stracolma e altre 70 persone online. Il riscontro sociale è importante per capire se hai centrato nel segno. Dagli incontri è emerso proprio l’emotività della scrittura. Un Gruppo, o per meglio dire, una famiglia sapientemente orchestrata da Giuseppe, per tutti “Peppe”. Discutere del significato e della delicatezza delle parole è stato quantomeno inclusivo, in primis tra noi ed ha generato inclusione intorno a noi. Ancora ricordo la sera a cena dopo essere stato contaminato dal bellissimo neologismo STRANUOMO del Gruppo Attualità e confronto della Comunità Nove di Udine. Con Aida e Tiago, i miei figli di 12 e 7 anni, ho provato a fare un esperimento sociale: “Cosa è per voi uno STRANUOMO?”. Loro spiazzandomi: “Tu babbo sei uno STRANUOMO”, mia moglie sorride e poi Aida con la maturità della sua adolescenza: “Anche Tiago è uno STRANUOMO, un po’ tutti siamo degli STRANUOMINI”. Un processo partecipato che si è rivelato attrattore di sensibilità ed interesse in tutta la nostra regione, una boccata d’aria fresca per la necessità di provare a trovare un linguaggio capace di includere e di accogliere. Una ricerca della coerenza che ci si aspetta da chi ha 1000 persone svantaggiate, questi i numeri dell’Umbria, all’interno della propria organizzazione.  Siamo riusciti a catalizzare energie: ODG Umbria, come dicevo, poi Fondazione Perugia, europarlamentari, Università degli Studi di Perugia, la TGR Rai Umbria, varie associazione e colleghi di Umbria24, Corriere dell’Umbria e Il Messaggero. Questo ci ha poi portato ad un secondo appuntamento dove la nostra ricerca è stata messa a confronto con “Comunicare la disabilità. Prima la persona” curato dal centro per le pari opportunità del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Tante le similitudini nei due lavori che ci porteranno, insieme, a creare un osservatorio della narrazione dell’inclusione.

Articoli recenti

Newsletter

Se ricevere i nostri articoli direttamente sulla tua mail, iscriviti alla nostra newsletter.