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Legacoop > WORKERS BUYOUT – Il Centro Olimpo, sequestrato alla mafia, rinasce come cooperativa

centro-olimpo3Palermo, 21 novembre 2014 – È morto per mafia. Sequestrato alla criminalità organizzata e quindi chiuso. Ma oggi è rinato grazie alla cooperazione. Grazie al coraggio di 34 ex dipendenti che hanno trovato in Legacoop e in Coopfond un sostegno fondamentale. È la parabola del Centro Olimpo di Partanna Mondello, uno dei primi superstore nati a Palermo. Una storia emblematica di come si possa salvaguardare l’occupazione e riaffermare la legalità in un settore come quello della Gdo particolarmente esposto al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata.

 

“Questa – ha detto il viceministro agli Interni Filippo Bubbico – è una giornata importante per voi e per il Paese. Il vostro impegno, la vostra dedizione, l’attaccamento al lavoro, la vostra volontà di trasformare una criticità in opportunità  rappresenta un esempio, ancora più significativo perché consente il reimpiego in assoluta legalità di patrimoni appartenuti alla criminalità organizzata”. Bubbico ha definito il nuovo Centro Olimpo un “modello di coesione sociale e condivisione” da seguire. Il viceministro ha poi lodato il protocollo d’intesa siglato tra Comune, Tribunale e Procura per facilitare il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati.

 

Il progetto ha avuto un costo di oltre un milione di euro di cui oltre 500mila euro investiti dai lavoratori che hanno utilizzato le indennità della loro mobilità, il resto da Coopfond e CFI (società finanziaria partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico che sostiene la nascita di cooperative di lavoratori che rilevano aziende in crisi), mentre Ircac, Unipol Banca e Banca Etica hanno offerto il credito bancario per assicurare liquidità all’impresa. Nel Centro, che conta complessivamente una superficie di 6000 metri quadri, hanno aperto: una media struttura di vendita alimentare affiliata al gruppo Ergon sotto l’insegna Eurospar, ed una galleria di negozi, tra cui una boutique. In programma anche l’apertura, nei prossimi mesi, di una media superficie non food, di un bar e di una tabaccheria.

 

“È stato un percorso lungo e faticoso ma ce l’abbiamo fatta – ha detto il presidente della cooperativa Gaetano Salpietro – Invece di restare ad aspettare risposte da qualcuno abbiamo deciso darci da fare e diventare imprenditori di noi stessi. Prima eravamo in cinque poi in sei alla fine nella cooperativa ci siamo ritrovati in 34 su 47. Al nostro fianco abbiamo avuto Legacoop e i suoi strumenti finanziari che ci hanno offerto consulenza e supporto tecnico. E ancora, CFI e le istituzioni: il Comune di Palermo, la Procura e la Sezione Misure di Prevenzione che hanno siglato un protocollo d’intesa per facilitare il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati”.

 

“Abbiamo creduto fin dall’inizio nel progetto – ha detto il presidente di Legacoop Palermo, Filippo Parrino – Ci hanno convinto l’esperienza e la professionalità dei lavoratori insieme alla loro voglia di scommettersi in prima persona. Due elementi essenziali per il successo di ogni impresa cooperativa. Il modello di workers byout è una risposta concreta alla crisi che a Palermo sta prendendo piede. In corso ci sono diverse istruttorie per la nascita di nuove cooperative di dipendenti pronti a rilevare imprese dopo il loro fallimento. Determinante anche la collaborazione col sindaco Orlando e con Silvana Saguto, presidente del Tribunale di Palermo, sezione Misure di Prevenzione”.  “Accelerare al massimo i tempi per rimettere sul mercato le aziende sequestrate e confiscate – ha detto Camillo De Berardinis, amministratore delegato di Cfi – è indispensabile per non farle fallire”.

 

Centrale per la riuscita dell’operazione il protocollo d’intesa firmato a dicembre 2013  tra Comune di Palermo, Tribunale di Palermo sezione Misure di Prevenzione e Procura della Repubblica. “Un protocollo unico – ha aggiunto Orlando – che sta consentendo di salvare centinaia di posti di lavoro e che ho inviato come presidente dell’Anci a tutti i sindaci perché venga applicato anche nelle altre città”. “Stiamo scrivendo una pagina di democrazia”, ha concluso Davide Pati di Libera.

 

 

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