In tema di accesso a servizi sanitari di qualità e alla casa, e di discriminazioni di genere, così come delle fratture sociali più significative; 6 italiani su 10 si collocano nella parte inferiore della “piramide sociale”; solo 3 italiani su 10 pensano che i propri figli possano aspirare ad una posizione sociale migliore.
Cresce la percezione delle disuguaglianze relative alla possibilità di accesso a servizi sanitari di qualità e alla casa, e alle discriminazioni di genere, mentre diminuisce per le disuguaglianze che riguardano l’aumento della povertà, la precarizzazione del lavoro, la mancanza di lavoro e di opportunità per i giovani. Crescono anche la percezione delle fratture sociali più forti e quella di un sostanziale blocco dell’”ascensore sociale”, con solo 3 italiani su 10 convinti che i propri figli possano aspirare ad una posizione sociale migliore e 6 su 10 che si collocano nella parte inferiore della “piramide sociale”.
È il quadro di sintesi che emerge dal Report FragilItalia “Disuguaglianze sociali e ascensore sociale”, realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne le opinioni sul tema.
“Se è vero che il mondo sta cambiando in fretta sotto i nostri occhi -afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop- anche guardando allo stato del nostro Paese conviene chiedersi che mondo si prospetta. Abbiamo recentemente detto che, dopo la chiusura del ciclo post pandemico, si apriva una fase di incertezza; ma molto rapidamente la situazione pare assumere connotazioni negative; e non solamente dal punto di vista economico, dove il Paese è tornato alla crescita zero, ma dal punto di vista sociale. Cresce tra gli italiani la percezione delle disuguaglianze, in particolare riguardo all’accesso a servizi sanitari di qualità, alla casa e alle discriminazioni di genere. Allo stesso tempo, il divario sociale appare sempre più marcato, con un sostanziale blocco dell’’ascensore sociale’. Emerge una società polarizzata, con una ampia maggioranza degli italiani che si colloca nella parte inferiore della piramide sociale, con una forte consapevolezza delle disuguaglianze specialmente nell’accesso ai servizi essenziali. Il dato forse più preoccupante, tuttavia, riguarda le prospettive future se, nel ceto popolare, la quota di chi crede che i figli peggioreranno la propria posizione sociale è cresciuta di quindici punti in soli tre anni. Questi risultati delineano un quadro in cui il senso di immobilità sociale è sempre più diffuso, ponendo sfide nuove e urgenti per le politiche economiche e sociali del Paese. È tempo di approvare un piano nazionale italiano per l’economia sociale”.
La prima parte del Report mette a confronto la percezione attuale delle principali disuguaglianze sociali con quella risultante da un’analoga rilevazione condotta tre anni fa. Ne emerge una “classifica” che, se conferma le posizioni precedenti, segnala tendenze diverse di evoluzione della percezione relativa. Al primo posto si colloca l’aumento della povertà, indicata dal 57% degli intervistati (ma in calo di 4 punti percentuali rispetto al 2022), seguita dalla precarizzazione del lavoro, al 45% (-3 punti). Calo più deciso, di 10 punti, per la percezione relativa alla mancanza di lavoro e di opportunità per i giovani, che occupa la terza posizione con il 44%. Cresce, invece, di ben 9 punti la percezione di differenti possibilità di accesso ai servizi sanitari di qualità, che si colloca al quarto posto con il 41% delle indicazioni, seguita dalla percezione, rimasta invariata al 36%, di un’elevata difficoltà di crescita sociale per chi proviene da famiglie a basso reddito. Crescono anche la percezione delle discriminazioni di genere, che si colloca al sesto posto con il 30% (+ 1 punto) e, in modo decisamente più marcato, + 8 punti, quella relativa alla disuguaglianza nelle possibilità di accesso alla casa, che fa registrare il 26% di indicazioni. Da rilevare come, rispetto al dato medio, gli under 30 percepiscano una maggiore crescita delle disuguaglianze legate alla mancanza di opportunità lavorative per i giovani (52% rispetto al 44%) e alle discriminazioni di genere (40% rispetto al 30%); mentre gli over 65 percepiscono in modo più marcato della media le disuguaglianze relative all’aumento della povertà (63% rispetto al 57%), alle possibilità di accesso a servizi sanitari di qualità (50% rispetto al 41%) e alla casa (32% rispetto al 26%).
La seconda parte del report, dedicata alle fratture sociali più significative, sempre in confronto con la analoga rilevazione effettuata nel 2022, evidenzia per tutte un rafforzamento della percezione. Al primo posto la frattura tra ricchi e poveri, indicata dal 66% (5 punti in più), seguita da quella tra onesti e furbetti al 62% (1 punto in più), tra il popolo e le elite al 59% (+ 3), tra lavoro stabile e lavoro flessibile, tra italiani e immigrati, tra equità e disuguaglianza, tutte e tre al 49% (in crescita di 3 punti le prime due, di 4 punti la terza), tra le tasse e la libertà al 46% (+ 4), tra democrazia e poteri forti al 46% (+3), tra lavoratori e datori di lavoro al 45% (+3), tra diritto alla salute e imposizioni relative alla salute al 42% (+6).
Quanto alla collocazione nella “piramide sociale” del Paese in base al reddito e alle condizioni di vita, il 41% degli interpellati ritiene di appartenere alla parte superiore: il 34% al ceto medio (7 punti in più rispetto a tre anni fa) e solo il 7% alla upper class (+1); di contro, ben il 59% degli interpellati si colloca nella parte inferiore della scala sociale. In particolare, il 34% nel ceto medio “in declino” (in calo di 5 punti), inteso come persone la cui posizione sociale è in discesa, titolari di un reddito che non permette lussi; il 18% (in crescita di 3 punti) nel ceto fragile, cioè di chi arriva a fine mese con difficoltà, e il 7% (-4 punti) nella lower class, ovvero di chi ha meno del necessario o si sente povero. Un quadro di polarizzazione sociale, insomma, confermato anche dalle relative dinamiche avvertite dalla popolazione, pur con qualche segnale di miglioramento. Solo il 5% degli intervistati ritiene che la propria posizione sia migliorata e per il 38% (7 punti in più) è rimasta uguale ad un livello medio o alto; per il 35% (-3 punti) è rimasta uguale ad un livello basso o popolare; è invece peggiorata per il restante 22%, in particolare per il 16% peggiorata (-3 punti), per il 6% molto peggiorata).
Una tendenza che si proietta anche nel prossimo futuro e condiziona le aspettative di una posizione sociale migliore per i figli, con una tendenza generale in peggioramento e con differenze in relazione al ceto di appartenenza. Tra gli appartenenti al ceto medio, il 32% (era il 35% nel 2022) pensa che i figli potranno migliorare la posizione rispetto alla famiglia di provenienza; il 52% (1 punto in meno) che la manterranno invariata; il 15% (3 punti in più) che scenderanno più in basso nella scala sociale. Nel ceto popolare, cala drasticamente, di 10 punti, la percentuale di chi esprime aspettative di miglioramento per i figli, che passa dal 37% al 27%; e cala di 5 punti, passando dal 40% al 35%, anche la quota di chi pensa che potranno mantenere la stessa posizione. Ma il dato che più colpisce nel ceto popolare è l’aumento di 15 punti, dal 23% al 38%, di chi ritiene che i figli scenderanno più in basso rispetto alla posizione sociale della famiglia di origine.